Castelnuovo Berardenga - Catignano - Villa Sergardi

La villa che appare in un disegno di E. Romagnoli degli inizi dell'ottocento fu costruita nel seicento su progetto del proprietario l'umanista Ludovico Sergardi, conosciuto come Quinto Settano (1660 - 1720),autore di satire latine, animatore di cenacoli artistici e letterari che spesso avevano luogo a Catignano. La villa è un bell'esempio di architettura tipica del periodo e si distingue per la purezza delle linee. Il grande fabbricato è impostato con pianta a forma di U e proseguiva virtualmente sul lato aperto in un ampio giardino all'italiana, posto leggermente al di sotto del piano del grande piazzale interno diviso dal giardino da un muro con statue in cotto e cui si accede tramite una doppia rampa di scale. La villa è divisa praticamente in tre corpi principali: il lato destro più alto era la villa vera e propria, il corpo centrale più stretto e più basso e il lato sinistro era destinato a scuderie e terminava con la cappella di Santa Croce progettata dall'architetto Jacopo Franchini nel 1697,a pianta centrale e a forma di ottagono irregolare. Nell'angolo sud -est del fabbricato principale è murato lo stemma Sergardi. L'interno della villa che presenta affreschi di paesaggi, motivi floreali, architetture, è stato decorato da vari pittori: il senese Francesco Mazzuoli, il romano Landi e il milanese Carlo Vincenti. Il giardino è diviso in tre settori: il primo è il giardino all'italiana con aiuole contornate da siepi di bosso, il secondo è adibito ad orto e pomario e il terzo presenta un "labirinto" con siepi di bosso.
 

Una doppia rampa di scale sotto la quale si trova una piccola grotta circondata di bosso, introduce nel giardino all'italiana con sinuose aiuole punteggiate da sfere di bosso. Due peschiere parallele rettangolari in mattoni con cordolo in travertino si trovano ai lati della scala. Di fronte si apre il ninfeo di verzura che fa da sbarramento al secondo settore del giardino riservato ad orto e pomario. In asse con la scalinata c'è un vialetto rettilineo delimitato da vasi di limoni che conduce dal ninfeo di verzura ad una nicchia, in cotto e sasso, che racchiude al suo interno un busto in marmo su un alto piedistallo di cotto. L'impianto verde denominato ninfeo imita un costruzione con quattro nicchie in cui sono collocate altrettante statue in cotto che raffigurano le Ninfe, dee minori che popolano i boschi, i monti e le acque, una delle statue raffigura anche Pan, il loro maestro, dio dei boschi, della pastorizia, divinità della vita agreste. Questo spazio di gusto romantico, serve ad allargare l'illusione prospettica ed ha come scopo di sbalordire lo spettatore. La disposizione degli elementi vegetali dietro la Villa, dove il giardino acquista naturalmente la sua massima estensione e libertà dà così luogo ad una serie di effetti scenografici. L'impianto risponde in pieno allo spirito del seicento e del settecento, amante dell'esteriorità e dell'apparenza, del fantastico e del meraviglioso. E' dunque simile ad un opera di architettura e gli elementi naturali sono usati come materiale da costruzione. Le statue delle divinità furono inoltre le naturali abitanti dei recinti verdi fino all'ottocento, scelte per il loro collegamento alle culture orticali, per il loro significato morale, ma anche per il loro rapporto con l'acqua.

Bibliografia:
Gabbrielli F.- Rotundo F. Architettura nel Chianti senese. Catalogo di Castelnuovo Berardenga, San Quirico d'Orcia 1996
Romagnoli E. Informi abbozzi di vedute dei contorni di Siena, biblioteca comunale di Siena,ms.C.II.4,c.209