Un giardino di modeste
dimensioni, dunque, ma che riesce a coordinarsi con il paesaggio, esprimendo
il bisogno di libertà dai condizionamenti della città che è il sogno dell'uomo
nuovo del Rinascimento. Diomede, infatti, in una delle lapidi, fa esplicito
riferimento alla città di Roma. Nel nostro caso il progettista si identifica
con il proprietario, anche e non si può escludere un qualche aiuto esterno.
L'informativa di Monsignor Lattanzi, governatore di Siena, al Granduca
Francesco, in data 8 novembre 1581, ci informa sulle fasi di costruzione
degli Orti Leonini. Quasi sconosciuta la figura di Diomede Leoni che nel
1535 ricevette in dono dal Vescovo di Pienza e dai coeredi di Ser Cristofaro
di Francesco di Fuoco, di cui era probabilmente figlio naturale, un'area
adiacente alla Chiesa di Santa Maria.Si può immaginare quanta passione
Diomede, che possedeva anche una casa nella parte più antica, il Poggio
ed altre proprietà, mise nel "restaurare le ruine e far alcuni suoi Orti
chiamati Leonini…", dopo una vita passata fuori dalla sua terra al servizio
dei Medici. Tutto in questo giardino è studiato per viverci: i lecci sempre
verdi assicurano un aspetto costante e riposante sia in estate che in
inverno, mentre il bosso delle aiuole con il suo fogliame fitto e minuto
si presta al taglio topiario e definisce i perimetri delle aiuole stesse
ed i percorsi. Un giardino segreto posto tra quattro mura e nascosto alla
vista permette una più raccolta intimità. Era questo il luogo in cui godere
della vista dei fiori, in specie rose, che non contano nella composizione
generale. Anche alcune iscrizioni sono allusive al bisogno di pace e serenità
dopo lunghi viaggi e faticosi incarichi ed evocano la suggestione di antiche
memorie e citazioni evidenziando, seppure in maniera molto contenuta,
il gusto antiquario dell'epoca. Quasi assenti gli elementi ornamentali,
se si eccettuano due protomi leonine, una delle quali collocata a bella
posta all'ingresso del giardino segreto a protezione di questo angolo
così nascosto, e una testa bifronte al limite dell'esedra prima del bosco
di lecci. Il leone in particolare è il simbolo connesso alla vita e alle
vicende storiche del committente.La piccola abitazione è collocata in
posizione decentrata e marginale quasi a far sì che nulla possa distrarre
dall'essenzialità di questo impianto verde.Anche le altre costruzioni,
che compaiono in funzione dell'abitazione come la "ghiaccera"e la cantina,
sono mimetizzate nel verde del bosco.Diomede ha saputo sfruttare sapientemente
il terreno, tagliato semplicemente e regolarmente, e i suoi dislivelli
creando vari terrazzamenti e una scala scenografica a fare da raccordo
fra la parte bassa, con il giardino all'italiana, e la parte più alta
dove c'è un vasto prato circondato da lecci secolari e dove si apre il
belvedere da cui si domina la valle dell'Orcia.L'impianto del giardino
si è mantenuto costante fino ad oggi con poche manipolazioni; colpisce
questo suo essere incastonato, come una gemma, nel circuito murario del
paese.Si intravedono schemi e modelli forniti da una lunga tradizione
culturale: dalla Hypnerotomachia Poliphili di Francesco Colonna, stampata
a Venezia nel 1499, al De Re Aedificatoria (1443- 52) di Leon Battista
Alberti, che fissa i canoni della costruzione di una villa, al Trattato
di architettura, ingegneria e arte militare di Francesco di Giorgio Martini
che parla esplicitamente di come debbano essere i giardini.Si notano inoltre
suggestioni bramantesche e peruzziane.La scelta stessa delle piante più
"architettoniche"deriva dalla necessità di dar vita ad uno schema formale
perfetto ed austero in cui è respinto tutto ciò che non abbia una funzione
strettamente legata all'economia del giardino che è in parte architettonico,
in quanto il bosso è costretto in forme precise ed artificiali, e in parte
quasi naturale, con il bosco di lecci lasciato libero di crescere.Gli
orti veri e propri occupano una superficie di 13.824 mq. e si sviluppano
su un terreno molto irregolare. Il portone di ingresso, dopo un breve
vestibolo a mattoni, introduce ad un viale centrale che costituisce l'asse
principale e che conduce ad un esedra da cui si diparte la scalinata che
raccorda le due parti del giardino. L'asse principale è incrociato da
assi secondari secondo il tipico impianto del giardino all'italiana. Al
centro di questo giardino si trova attualmente la statua di Cosimo III
de Medici, opera di Giuseppe Mazzuoli (1688), che è stata qui spostata
negli anni '50 dal salone centrale di Palazzo Chigi a San Quirico d'Orcia.
Un lungo viale di lecci fiancheggia poi il giardino ed il bosco seguendo
il muro di cinta verso l'abitato e porta al piccolo"giardino segreto"
(700 mq.), il cui ingresso è fiancheggiato da due cipressi secolari. C'è
poi la "zona alta" costituita dal bosco di lecci e da un sottobosco di
siepi di sambuco dalla caratteristica fioritura bianca. Sentieri e scale,
che seguono un percorso simmetrico, convergono verso un vasto piazzale
verde su cui una volta sorgeva una torre medievale (distrutta nel 1944)
ed un altro edificio. Oggi ci sono soltanto dei resti a testimoniare un
passato di antico splendore. Un camminamento percorreva tutto il perimetro
delle mura permettendo la vista delle valli sottostanti e culminando in
un belvedere. Vari luoghi di sosta erano previsti nella parte alta, sia
per permettere di godere del panorama che della frescura, tra cui uno
compreso in un muro a semicerchio che dà sul prato ed un altro con dei
sedili, ricavato in un'apertura delle mura.
Bibliografia:
A. Verdiani-Bandi, I Castelli della Val d'Orcia e la Repubblica di
Siena, Siena 1927, pp. 333-344
Introduzione ai giardini del senese, Archivio Italiano dell'arte
dei Giardini, San Quirico d'Orcia 3- 25 luglio 1976, ill. 32-39 I.Belli
Barsali, Baldassarre Peruzzi e le Ville Senesi del Cinquecento,
Archivio Italiano dell'Arte dei Giardini, San Quirico d'Orcia 1977, pp.
123- 127
F. Rotundo Balocchi, Gli Horti Leonini di Cosimo III, in Forme
nel verde, Scultori contemporanei per un giardino del Cinquecento,
cat. Mostra, San Quirico d'Orcia 1985, p. 155.

|