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Serraglio
evoca nel nome un bosco lasciato naturale per l'attività dei padroni di casa.
La villa che era al centro di una grande tenuta è la tipica residenza di campagna
posta nelle immediate vicinanze della città e proposta dal settecento illuminista
e riformatore. Qui il signore tende ad isolarsi ricreando attorno una nuova
natura estranea alla natura reale della campagna circostante. Giulio di Lelio
del Taia aveva acquistato nel 1737 la villa con alcuni poderi. L'ultimo discendente
di Francesco del Taia, Giulio, morì nel 1841 quando la situazione patrimoniale
della famiglia era ancora florida e trasmise per testamento ogni sua proprietà
e il suo cognome a Carlo Grisaldi che seppe adeguatamente amministrare le fattorie
e i poderi ricevuti in eredità. I sui discendenti non furono però capaci di
superare la crisi che interesserà nella seconda metà dell'ottocento la grande
proprietà fondiaria toscana e a Clementina, Maria, Eleonora e Giulio Guarini
Grisaldi del Taia non rimase che vendere pezzo per pezzo le diverse proprietà.
La villa articolata su tre piani ha subito successivi restauri ed ampliamenti
nel corso dell'ottocento e agli inizi del novecento fino alle manomissioni odierne
che l'hanno resa completamente estranea al parco. Da qui attraverso un viale
di cipressi, che era arricchito da statue in cotto, si giunge al "Romito" e
al "Parco inglese" la cui ideazione si deve a Carlo Grisaldi del Taia e alle
suggestioni suggeritegli dalla morte della moglie Angiolina Brancadori.
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I lavori nell'ottocento
interessarono dapprima il giardino sul retro della villa e il viale di
cipressi con interventi relativi agli elementi di arredo. Alla fine del
viale il "Romito" era la copia di un piccolo convento in miniatura con
la cella del frate ricostruita nei particolari, con il letto, la sedia,
il cane e il gatto in terracotta, il pane, un bicchiere di vino a doppio
fondo. Il frate era un grande manichino mobile in legno che si avvicinava
con in mano il bossolo delle elemosine all'aprirsi della porta. Dopo la
morte della moglie Carlo Grisaldi intensificò i lavori nel parco e al
1848 risalgono i primi pagamenti per le piante destinate al bosco inglese
che si sviluppa in direzione nord e sud. Alla fine del viale di cipressi,
che culmina nell'esedra circolare con al centro un obelisco consacrato
alla memoria di Giulio del Taia con alla sommità una grande agave bronzea
che allegoricamente ricorda il lutto si dipartono due diramazioni, una
conduce al parco vero e proprio ed una alla cappella. Il parco, in cui
fu messa in atto una vera e propria sperimentazione botanica con l'introduzione
di numerose specie esotiche ( come la sequoia, la tuja gigante e la magnolia
) si presenta di forma irregolare, sono abolite le simmetrie, le uguaglianze
e le divisioni geometriche, si sviluppa su un terreno in pendio; i sentieri
tortuosi che ne formano la viabilità sono delimitati da pietre calcaree,
da siepi di bosso, lauroceraso, tasso e viburno e conducono a luoghi d'incontro
evocando il ricordo di episodi significativi. Si raggiungono così la vasca
circolare con sedili ed archi, i ponticelli che attraversano quello che
un tempo doveva essere un ruscello alimentato da una vasca e da una fontana.
Gli elementi architettonici sono concentrati ai piedi della scarpata al
disotto della quale si trova anche una grotta scavata nel terreno. Una
grotta a più locali vicina alla vasca era invece destinata al riposo estivo.
Altro luogo d'incontro era il teatro all'aperto con sedili e palcoscenico
in "OPUS RUSTICUS". Il percorso mirava a creare emozioni diverse e la
tortuosa viabilità si inspira alla via crucis con basse stele di pietra
che scandiscono le stazioni di un pellegrinaggio commemorativo devozionale
incentrato nel ricordo ossessivo del lutto familiare. Anche i versetti
che il visitatore si sofferma a leggere, inneggianti alla vita agreste,
mirano a rimarcare il ricordo del lutto e ad accentuare il conforto che
viene dalla quiete del luogo. L'albero nella sua pienezza è il protagonista
indiscusso di scorci sempre diversi, e rappresenta idealmente la condanna
di ogni regola, di un ordine precostituito che umilia la natura e l'uomo
in ossequio ai principi del settecento riformatore.
Bibliografia:
1. Introduzione ai giardini del senese, Archivio Italiano dell'Arte
dei giardini, San Quirico d'Orcia 1976
2. A. Rinaldi, I Giardini del Chianti tra paesaggio agrario e paesaggio
immaginario, in I giardini del chianti , a cura di G.C. Romby
e R. Stopani, Firenze 1989

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